Vaginismo

Consiste nell’impossibilità di praticare la penetrazione vaginale (attraverso il pene ,un dito o un oggetto come un assorbente interno) nonostante questa sia desiderata, a causa di uno spasmo della muscolatura; nelle forme più lievi si tratta solo dei muscoli che circondano la vagina, ma la reazione può coinvolgere anche le gambe, il bacino o addirittura tutto il corpo.

Si tratta di un sintomo BARRIERA, che dice NO ALLA PENETRAZIONE.

E’ una condizione che influisce pesantemente sulla vita della donna: non vivere la sessualità in modo completo, non essere “come le altre”, non poter avere figli, non poter affrontare una visita ginecologica…

Il trattamento fisioterapico del vaginismo deve essere fatto da un professionista esperto.

Personalmente, penso che sia necessario avvicinarsi con molta delicatezza e rispetto, dimostrando fermezza ma senza forzare. A volte passa del tempo prima che sia possibile approcciarsi all’area pelvica e si lavora su altri piani, sul resto del corpo, oppure anche sul pavimento pelvico ma con un percorso di conoscenza, di anatomia esperenziale per definire i confini del pavimento pelvico, per provare a sentire il rilassamento e la contrazione muscolare, utilizzando molto la respirazione. Inizialmente si può lavorare anche senza togliere i vestiti.

Quando è possibile l’approccio diretto si utilizzano i dilatarori vaginali, degli ausili con diametro e lunghezza crescente che servono ad abituare con gradualità alla penetrazione. Vengono usati durante la seduta,

generalmente prima dal professionista ma poi anche dalla paziente, anche in diverse posizioni e modalità. Il loro impiego viene poi proseguito a casa come autotrattamento.

Credo che non sia positivo forzare la progressione, perché è possibile ottenere un effetto di maggior chiusura.

Bisogna instaurare un clima di FIDUCIA, che si basa su:

  • RISPETTO
  • PAZIENZA
  • SPIEGARE PRIMA TUTTO CIO’ CHE SI FA
  • CHIEDERE IL CONSENSO

Dal vaginismo si può guarire! Ogni donna con vaginismo è diversa da tutte le altre, quindi non è possibile fare paragoni, creare un protocollo di trattamento o prevedere il numero di sedute necessarie.

L’importante è iniziare a creare quell’alleanza paziente-professionista, indispensabile per il percorso di guarigione.

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